Ipotesi di una catastrofe: terremoto di magnitudo 9.1 e tsunami di 34 metri

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    Un terremoto a largo del Pacifico della stessa intensità del terremoto dell’11 marzo dello scorso anno, provocherebbe uno tsunami alto fino a 34 metri che causerebbe la morte di 323.000 persone devastando le zone costiere dall’Honshū al Kyūshū.

    Questo scenario catastrofico è il risultato di un ripensamento radicale sui danni che causerebbe un eventuale terremoto di magnitudo 9.1 lungo la faglia oceanica Nankai (南海トラフ, Nankai torafu). La nuova stima dei morti in un terremoto sulla faglia Nankai è di 13 volte più pesante rispetto alla precedente stima rilasciata dal governo giapponese nel 2003.

    Fino al distastro dell’11 marzo del 2011, gli esperti avevano sostenuto che non c’era la possibilità che si verificassero terremoti di magnitudo superiore ad 8 a largo delle coste della prefettura di Miyagi. Il terremoto nel Giappone orientale ha spinto il governo giapponese alla formazione di due commissioni per offrire una valutazione realistica di ciò che il Giappone può aspettarsi da un forte terremoto lungo la Nankai torafu.

    Entrambe le commissioni sostengono che le probabilità che si verifichi un terremoto di magnitudo superiore a 9 lungo la faglia siano molto basse. Tuttavia ieri sono stati diffusi i risultati degli studi, che invitano i giapponesi ad avere “adeguatamente paura” per cosa potrà attendere loro.

    È un dato di fatto che la rivalutazione costringerà il governo centrale e quelli locali a riconsiderare i loro piani di gestione dei disastri. Stando infatti alle commissioni, un’adeguata evacuazione dalle zone costriere potrebbe ridurre il numero dei morti a 61.000, o nella peggiore delle ipotesi ad un quinto della stima originale.

    La stima poi sarà inevitabilmente disastrosa se si verificassero terremoti simultanei lungo le fosse Tokai, Tonankai o se il terremoto lungo la Nankai innescasse una serie di terremoti nella regione.

    La maggior parte dei danni sarebbe comunque provocata da un enorme tsunami. La zona a rischio è di 10,15 milioni di km², ovvero quasi il doppio dell’area inondata dallo tsunami dell’11 marzo.

    Delle due commissioni, una, guidata da Abe Katsuyuki, professore emerito di sismologia presso la Tokyo University, ha stimato il grado di inondazione causato da uno tsunami generato da un forte terremoto lungo la faglia Nankai; l’altra, guidata da Kawata Yoshiaki, professore specializzato in gestione dei disastri presso la Kansai University, si è incentrata sulla stima dei morti e dei danni.

    La peggiore delle ipotesi ha preso in considerazione un terremoto di magnitudo 9.1.

    In base allo scenario, 151 città in 10 prefetture, da Shizuoka a Miyazaki, registrerebbero scosse fino ad un massimo di 7 sulla scala d’intensità giapponese, mentre 239 città in 21 prefetture registrerebbero scosse superiori a 6 nella stessa scala.

    Il terremoto provocherebbe uno tsunami alto minimo 20 metri, che colpirebbe otto prefetture, incluse le isole di Izu e di Ogasawara, amministrate dal governo metropolitano di Tokyo.

    Le città di Tokyo, Osaka, e Nagoya sarebbero inondate, paralizzando le attività economiche perché sarebbero inutilizzabili strade e trasporti su rotaia. Le perdite economiche andrebbero di pari passo con il numero dei morti e i danni alle abitazioni e alle infrastrutture. La stima del 2003 parlava di 81 trilioni di yen, mentre stando a Kawata sarebbe più realistica la cifra di 270 trilioni di yen.

    La stima dei danni e dei morti si basa invece su molteplici fattori: l’epicentro del terremoto, l’orario del terremoto, la stagione, la velocità dei venti. Quattro sono le regioni che potrebbero essere maggiormente interessate dalla catastrofe: le regioni del Tokai e del Kinki, lo Shikoku e il Kyūshū.

    Nella regione del Tokai, le vittime sarebbero 323.000, se il terremoto si verificasse in una notte d’inverno quando i venti sono forti. Circa 230.000 sarebbero le vittime per lo tsunami, 82.000 per gli edifici crollati, e 11.000 per gli incendi provocati dal terremoto. I feriti sarebbero 600.000.

    Tra i 2,364 e i 2,386 milioni sarebbero le case spazzate via dallo tsunami, o distrutte direttamente dal terremoto, o dalla liquefazione del terreno. Circa 311.000 persone rimarrebbero intrappolate nelle macerie. E anche questo è un dato allarmante considerato che in tutto il Giappone ci sono 160.000 vigili del fuoco.

    Durante i secoli i movimenti della faglia Nankai hanno provocato numerosi terremoti, nessuno superiore a 8.6 di magnitudo. I più forti si verificarono nell’887, nel 1498 (明応地震, Meiō Jishin), e nel 1707 (宝永地震, Hōei Jishin). Lo tsunami più alto si verificò invece a seguito del terremoto Ansei-Nankai del 24 dicembre 1854, che provocò un’onda anomala alta 28 metri.
     
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